Mario era un bambino come tutti gli altri, né nano
né gigante, cicciotto o spilungone, tutti i giorni si stiracchiava, si alzava controvoglia
da letto, si tuffava nella tazzona di latte caldo e biscotti, uguale sputato
agli altri ragazzini, giocava, e tanto,
andava a scuola sì, ma al rallentatore , studiava ,se si doveva, cioè al
minimo, insomma, era un bimbo ‘ copia e incolla’, fotocopiato come fosse un
clone nella sua piccola città anonima e pallida dove abitava , però, c’era un
però, come una favola surreale, come di contratto. Quando usciva per andare a
scuola, salutava la sua mamma , le dava un bacione forte forte e, oibò , per un
nanosecondo ‘vedeva’ il volto di lei colorato di grigio, intenso e tetro, sentiva
che la sua mamma non era contenta di andare a lavorare, tornare tardi e non
vedere quasi mai il suo bambino. Oppure a scuola, la terribile maestra ogni due
per tre, accidenti, interrogava, e lui ‘vedeva’ il suo amico di banco color
nero paura, logico, non aveva studiato, come lui, del resto, ma la ‘classe’, o
qualcosa d’altro, non è acqua….Insomma, piano piano capì che, per lui, i
problemi della gente fossero colori, bianco ansia per una donnetta in pena per
il figlio lontano da casa, blu elettrico per un ometto arrabbiato con la vita,
verde miseria, ovvio, per il disoccupato senza soldi e così via. Alle prime si
spaventò alla grande, non ne parlò a nessuno, - sono ‘schizo’- pensava, poi si rese
conto che qualcosa o qualcuno, mago, follia, chi lo sa , aveva dato, soltanto a
lui, un dono speciale, prendere a cuore i pensieri delle persone, non
risolverli ma condividerli, con gentilezza , da bambino che era. Vedeva l’azzurro
speranza di un’anziana vecchietta, cercava il suo cagnolino che s’era perso , frugando
l’aveva trovato intirizzito e affamato tra le scale di casa , oppure il giallo
shocking del signore che, affannato, arrivava con una bolletta da pagare alle
Poste, che fosse già chiusa ? Per un
pelo , ‘open’, anche se c’era in cassa una coda, ma una coda chilometrica, sembrava
un serpentone piumato !
Passavano gli anni, Mario diventò un ragazzo con
quattro peluzzi stitici di barba ed il sorriso buono stampato in volto, andava
in giro per il quartiere a fare spesa fino a quando inciampò lungo disteso nell’Amore
con la A maiuscola! Sissignori, vide gli
occhi viola cobalto di Anna , minutina , timidissima , per la verità non era
proprio Venere in Terra , ma per lui era l’unica e sola nel globo terraqueo e le altre ragazzine, ma chi le guardava? Insieme,
facevano tutto insieme, all’università come al lavoro, li legavano passioni e sentimenti
, Mario non pensava più al magico ‘dono’ , contemplava lo sguardo splendente
color felicità di Anna e dimenticava tutto. Ma- c’è sempre un ‘ma’ in questa
favola, e non è detto che finisca in gloria- dopo un po’ di tempo, Mario notò
che gli occhi della ragazza erano mutati, color tristezza, color ‘ c’è un altro
uomo’, il bruttissimo colore della sofferenza , color ’non ti amo più’. Poteva
rompere il patto , rifiutare l’antico ‘dono’ e combattere per il suo amore, lottare
ancora , ma vide il volto di Anna pieno di dolore, si ricordò che il compito del suo prezioso
dono non era risolvere i dubbi, ma condividere la pena , sciogliere i legami di fiducia e di rispetto,
lasciarla andare, libera. Così fu, e camminò lentamente per le strade come l’
altra gente, color senza sorriso.
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