Ho fatto un sogno. Era l’alba, mi sono svegliata,
mi sono vestita e sono uscita nell’aria fredda di novembre. Non c’era nessuno,
zero anime vive. Case, negozi, uffici vuoti di gente, come se fosse scoppiata
una bomba nucleare al contrario, che lasciasse intatte, inviolate le cose e
atomizzate le persone, unghie, peli, ossa, sangue, frantumati, annientati e dispersi, meno della polvere. Avevo
bisogno di qualcuno, una domanda, un cenno del capo, magari un ‘mavaff..’ ,
come del pane, ma camminavo da sola. Ho socchiuso gli occhi, mi sentivo svenire
e poi…mi sono risvegliata con il fiatone, un incubo, sicuro, e dire che non sogno
mai, cado a piombo stravolta dopo ore stressanti, sono andata presto dall’altra
parte di Milano, soliti controlli medici, ‘buongiorno, tutto bene, ci vediamo
tra un anno.. ’ Mi sono sbrigata in fretta, è
strano ritornare a casa fuori dell’orario solito, lo tsunami compatto di
studenti impiegati commesse precari part-time si è placato, lascia il retaggio
di biglietti atm stropicciati e fogli di giornale dimenticati sui sedili del
metrò, bassa marea di impassibili solitudini, aspettano pazienti l’onda d’urto
di casa, di quiete, di notte e silenzio, per ricominciare da capo, senza sogni.
Sono salita sul tram, poca gente e nessuna confidenza, going home, verso casa, concentrata
su di me, sui problemi consueti e li ho visti. Come il sogno di questa mattina
ho visto gli “invisibili”, uomini, donne, anziani senza soldi e senza dignità,
stranieri irregolari o vagabondi alla deriva, parcheggiati sulle panchine pieni
di sacchetti e borse della spesa, il loro armadio ambulante, aspettando in coda
alla mensa della Caritas, seduti sui marciapiedi di fianco al Duomo, o vicino a
me, al dormitorio comunale, passare la giornata sperando non il lavoro, il
letto e poi domani, la stessa identica cosa, domani è un buco nero per
nascondersi, per non vivere. Non esistono,
sono nulla, per chi va e viene con i patemi suoi e scansa il problema, non sa
quindi non fa niente per nessuno. Io non lo sapevo ma sono colpevole anch’io,
adesso, di sapere e non fare.
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