giovedì 19 giugno 2014

E NON C'E' NIENTE DA CAPIRE








A scuola ho balbettato impegni improbabili e sono andata, senza appuntamento, senza niente di niente al CAF della mia zona, ormai mi salutano come se fossi un’amica, sono tre mesi che giro per il 730 di mia madre, poi per il RED , poi per la Tasi e avanti così , mia mamma cammina avanti e indietro con il girello tra le stanze di casa, mi  ‘stende’ come acqua fresca ma è comunque debole, ed io , dea Kalì con tante braccia mi fiondo per i negozi cercando pillole per la pressione o due etti di crudo, che fa sangue, il mio sangue, temo! Siamo in ballo per l’invalidità di mia madre, ‘sto benissimo’ diceva, ma l’età e una sequela di malanni, anche seri, ci hanno convinto ad avviare la pratica,  sperando che  dopo quintali di moduli, visite mediche impersonali e umilianti, mesi di attesa, forse, ripeto forse, prenderà quattro spiccioli, giusto per pagare il taxi per gli esami di controllo , siamo ’fuori nel ‘tunnel-la-la’,  ma  tasse e rincari su ogni cosa li paghiamo tutti noi,  ‘We, the People’ dell’Italia in miniatura, noi persone ‘trasparenti’, che non hanno diritti, ma tanta, tanta pazienza… Aspettavo in coda tra le altre persone nel piccolo ufficio dei Sindacati, leggendo e rileggendo un’altra volta la lettera dell’Inps per l’invalidità di mia madre. Erano dieci pagine burocratiche e fumose per me e per tutti, che non sappiamo niente di cose fiscali , vagamente ambigue, ma bastano a togliere i pochi euro che ci spettano, di fatto e di diritto, grazie a un lillipuziano e bastardo codicillo a piè di pagina , ma, di grazia , una persona semplice, o poco pratica, come fa? Così sudavo e aspettavo , e guardavo la gente rassegnata . Vicino a me  c’era una signora ancora giovane con la figlia, occhi verdi e tante efelidi, collanine hippy , carina e strana ,il volto e gli occhi  quasi da ‘cinesina’ ,però era italianissima ,impegnata a canticchiare sottovoce con il walkman e le cuffiette. ‘Caldo, vero ?’, ‘Aspetta da tanto? anche lei per una lettera dell’Inps, scommetto.’ E mi ha raccontato la sua storia : impiegata in una ditta di spedizioni, voleva un figlio che non arrivava, poi era nata Francesca , bella come il sole ma con la sindrome di Down, vale a dire una donna con il corpo da bambina, eternamente fanciulla e immensamente indifesa e fragile, come cristallo.  Per seguire lei la madre  aveva abbandonato il lavoro , Francesca aveva una piccola pensione d’invalidità ,lei la coccolava come una regina anche se era continuamente per ospedali , per controlli fisici e psichici. E io ho scoperto che erano lì  per controllare , insieme all’impiegata che li seguiva,  la ‘rivedibilità’ dell’invalidità, cioè, ogni anno devono subire una visita da parte dei medici fiscali dell’Inps, per certificare che Francesca ha quello che ha, è così, non cambia, nel bene e del male, altrimenti niente pensione. Pazzesco, la normalità della pazzia ‘burocratica’ è senza ritegno, ogni anno madre e figlia  vanno lì e i medici , quasi scusandosi per la vergogna , ‘buongiorno, tutto bene? Ok, ci vediamo tra un anno ‘. Senza parole. L’impiegata ha chiamato la madre di Francesca, mi ha salutato ,insieme sono sparite  nell’altro ufficio. Ho letto ancora la lettera intestata a mia madre, e veramente c’era scritto ‘ Rivedibile tra un anno’, forse pensano che , all’improvviso , folgorata sulla via della Santa Sanità Italica , per un miracolo improbabile buttasse via stampelle e girello e fuggisse via, libera e felice come una giovane vecchietta o, com’è probabile, schiattasse prima di un anno, povera mamma. E non c’è niente da capire , niente da ridere.


lunedì 16 giugno 2014

QUEL CHE E'








Quel che è ,
un letto disfatto, 
e sudore  ,
il cuore che batte   
ancora, e ancora,  
occhi socchiusi 
di luce
sfrontata ,
 noi, 
 atomi soli,    
 e grida,  sussurri ,
 silenzio.
 Tu, su di me   
  sfinito
  di morte
  vivente ,
  e tutto ,
  e niente .  
   Poi,
  cosa resta?
  Quel che è,  
  nausea d’amore    
  dopo la marea , 
   noi,
   labile trama
   di sogno
    e dolore,
     e tu ,
     ed io,
     folli di vivere.